16 December 2018
Cassazione, ordinanza 32369/2018 sulla taratura autovelox
Cassazione in campo contro i gestori delle strade (specie i Comuni) che non rispettano le regole in materia di autovelox. Ve la riportiamo in basso, con qualche minima spiegazione e opera di taglio.
Con ordinanza ex art. 204 c.d.s. in data 5.12.2011 veniva ingiunto ad D.A. il pagamento della complessiva somma di Euro 345,30 in relazione al verbale n. (omissis) , elevato dalla polizia municipale di Roma, con il quale le era stata contestata la violazione di cui all’art. 142, 8 co., c.d.s. commessa il (omissis), a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchio “autovelox”.
Si va per vie legali
Deduce che con l’esperito appello aveva specificamente censurato la statuizione di primo grado nella parte in cui il primo giudice aveva respinto la doglianza concernente la mancata prova della omologazione e della taratura dell’apparecchio “autovelox”.
Deduce che ha reiterato la surriferita censura in seconde cure viepiù alla luce della sentenza n. 113/2015 della Corte costituzionale.
Deduce che il tribunale, pur avendo dato atto che “le apparecchiature di misurazione della velocità (…) devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro funzionamento” (così sentenza impugnata, pag. 5), ha tuttavia ritenuto in maniera del tutto incongrua che i requisiti richiesti per la regolarità della contestazione fossero stati osservati.
Il ricorso è fondato e va accolto.
Questa Corte spiega che, per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, 6 co., del dec. lgs. n. 285/1992 (Corte cost. 18.6.2015, n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, non essendone consentita la dimostrazione od attestazione con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità (cfr. Cass. 11.5.2016, n. 9645).
E spiega ancora che, poiché, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 45, 6 co., del dec. lgs. n. 285/1992 (Corte cost. 18.6.2015, n. 113), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, in caso di contestazioni circa l’affidabilità dell’apparecchio il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state o meno effettuate (Cass. (ord.) 11.1.2018, n. 533).
Ebbene, nella fattispecie non risulta, in rapporto all’ampia proiezione del primo motivo di appello e con riferimento all’apparecchiatura “autovelox” con la quale si ebbe a contestare ad D.A. in data 25.1.2011, alle ore 9,41, la violazione di cui all’art. 142, 8 co., c.d.s., né che la prefettura abbia allegato e comprovato l’effettuazione di verifiche periodiche di funzionalità e di taratura né che il tribunale abbia riscontrato l’effettuazione di siffatte verifiche.
In questi termini non è sufficiente che il verbale riporti che “la violazione era stata rilevata a mezzo apparecchiatura autovelox (…) debitamente omologata e revisionata, della quale gli agenti (…) avevano accertato preventivamente e costantemente la corretta funzionalità” (così sentenza impugnata, pag. 5).
Al contempo non può essere condivisa l’affermazione del tribunale secondo cui “la prova del regolare funzionamento dell’apparecchiatura al momento della constatazione dell’infrazione (…) sia insita nel peculiare valore del verbale di accertamento, per contraddire il quale l’unico rimedio esistente sarebbe stato la querela di falso” (così sentenza impugnata, pag. 5).
Evidentemente il verbale non riveste fede privilegiata – e quindi non può far fede fino a querela di falso – in ordine all’attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell’apparecchiatura “autovelox”, allorché e nell’istante in cui ebbe a rilevare a carico della D. il contestato eccesso di velocità.
In accoglimento del ricorso va cassata la sentenza del tribunale di Roma n. 9400/2017, con rinvio allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato.
All’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1 co., cod. proc. civ., del principio di diritto ben può farsi luogo per relationem, nelle medesime forme espresse dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 9645/2016 e n. 533/2018.
Nonché nelle ulteriori seguenti forme:
il verbale di contestazione della violazione di cui all’art. 142, 8 co., c.d.s., a seguito della rilevazione della velocità operata con apparecchio “autovelox”, non riveste fede privilegiata – e quindi non fa fede fino a querela di falso – in ordine all’attestazione, frutto di mera percezione sensoriale, degli agenti circa il corretto funzionamento dell’apparecchiatura “autovelox”, allorché e nell’istante in cui l’eccesso di velocità è rilevato.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perché, ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, d.p.r. n. 115/2002, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del 1 co. bis dell’art. 13 cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza del tribunale di Roma n. 9400/2017 e rinvia allo stesso tribunale in persona di diverso magistrato anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
di Ezio Notte @ 18:57
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Categorie: Autovelox, Cassazione, Controlli elettronici
Tag: comuni
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