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Politici / L’eterno problema Aci, che con la crisi diventa gravissimo
6 June 2013
Poco da fare, l'Unasca ha ragione
L’Aci è da sempre un problema molto costoso. In passato, magari, non ci si faceva neanche caso. Ma ora, con la crisi, che impone tagli decisi, la questione Aci è gravissima. L’Unasca va all’attacco e non si può che condividere. L’Unione nazionale studi di consulenza automobilistica, l’associazione maggiormente rappresentativa degli studi di consulenza automobilistica operanti nel settore servizi al mondo auto, assieme a due studi di consulenza in rappresentanza della categoria, ha proposto ricorso al TAR del Lazio per ottenere l’annullamento del Decreto del Governo Monti, del ministero dell’Economia e delle Finanze di concerto con il ministero della Giustizia del 21 marzo 2013, titolato “Adeguamento del sistema tariffario da corrispondere all’Automobile Club d’Italia – Aci per le attività relative alla tenuta del Pubblico registro automobilistico” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 74 del 28/3/2013.
Il ricorso al Tar, dice l’Unasca, si fonda sulla “evidente violazione del principio di uguaglianza che contraddistingue il decreto in oggetto, laddove questo permette ad Aci di incassare un aumento degli introiti non sui servizi che esso effettivamente eroga, ma anche su tutti quelli gestiti autonomamente dalle agenzie private: infatti il Decreto non prevede nessuna differenziazione dei due casi diversi, e così il cittadino deve pagare l’aumento fissato anche quando si reca presso un’agenzia di pratiche auto invece che al Pra, il quale incassa in ogni caso l’emolumento maggiorato che non sarebbe più dovuto”.
“La gravità della cosa è facilmente comprensibile – spiega Ottorino Pignoloni, segretario nazionale di Unasca – se si pensa che con l’introduzione dello Sta, lo Sportello telematico dell’automobilista, dal 2000 le agenzie si sono sostituite di fatto al Pra nell’eseguire oltre il 75% delle pratiche auto loro richieste, facendosi così carico dei relativi i costi di gestione del servizio per quegli automobilisti”.
Non se ne può più, in effetti. Ora non resta che attendere il Tar.
di Ezio Notte @ 22:43
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DA CAR CARROZZERIA
UN SUGGERIMENTO PER LA SPENDING REVIEW: ROTTAMARE L’ACI
ROTTAMARE ACI E PRA
In tempi remoti il Regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436 istituì il Pubblico registro automobilistico (Pra), gestito dall’Automobile Club d’Italia (Aci), che si occupa di certificare la proprietà’ delle autovetture immatricolate in Italia. Ma la proprietà di un veicolo è contenuta anche in un altro registro, quello creato nel 1992 dal nuovo Codice della Strada: l’Archivio nazionale dei veicoli (ANV) presso il ministero dei Trasporti.
Un autoveicolo e’ quindi tenuto a disporre della Carta di Circolazione, che viene rilasciata dalla Motorizzazione civile, e del Certificato di proprietà, rilasciato dall’Aci, il che implica avere una duplicazione di strutture e di produzione di atti per tenere allineati i due database. Ciò complica procedure e costi per l’utente. In altri paesi basta il solo libretto di circolazione, da cui consegue il fatto che l’ACI è, di fatto, un doppione della Motorizzazione Civile. L’ACI chiede delle quote per una tessera che consente il soccorso stradale, che molte assicurazioni RC auto ormai comprendono con un modesto sovrapprezzo, e svolge, al non modico costo di 23 milioni di EURO, la funzione di riscossione dell’IPT, imposta provinciale di trascrizione. Possiede una struttura che annovera 3150 dipendenti che costano la bellezza di 147 milioni di EURO raggiungendo la ragguardevole media di 4.6000 EURO per addetto. I lavoratori sono sparsi in 106 sedi regionali e 13 direzioni regionali che sono, a loro volta, un centro di potere. Ma non basta, spulciando nei bilanci, si scopre che oltre 42 milioni di EURO sono spesi per servizi informatici, come se il personale interno non bastasse a svolgere tale funzione. Le provincie magari spariranno o si accorperanno, ma nulla ancora è previsto per l’ACI, il cui giro d’affari si aggira intorno a 328 milioni di EURO perdendone circa 19. Le entrate provengono in gran parte dal cittadino che, per fare su una banalissima visura al PRA, deve pagare quasi 6 EURO, un costo inaccettabile. Basta osservare il bilancio per capire che dalle entrate derivanti dal PRA l’Aci paga praticamente il costo del personale. Si potrebbe fare a meno dell’ACI? Certamente si. Il mercato potrebbe allocare in modo più efficiente le risorse destinate oggi ad un ente le cui funzioni potrebbero essere gestite da Motorizzazione, Provincie, Prefetture con un abbattimento di costi impropri. La cosa più surreale è che, al contrario, il Presidente avv. Sticchi Damiani abbia chiesto, con un sussulto corporativo, di chiudere la Motorizzazione e fare gestire tutto all’ACI.
ACI E LA SUA ASSICURAZIONE. UN INSANABILE CONFLITTO D’INTERESSE
Il fatto di possedere una assicurazione che di bello ha forse solo il nome, pone l’ACI al centro di un conflitto di interessi insanabile. Da una parte vi sarebbe il presunto interesse di tutelare l’automobilista e di fornire i migliori servizi a suo esclusivo vantaggio, dall’altra, invece, l’ACI promuove campagne di informazione e di sensibilizzazione nei confronti del legislatore ad esclusivo interesse della sua compagnia, i cui bilanci non sono certo brillanti. L’automobilista ha bisogno dell’ACI in caso di difficoltà e, in caso di incidente, vorrebbe certamente godere della migliore assistenza possibile in caso di lesioni e poter scegliere di riparare l’auto dal carrozziere di fiducia senza alcun aggravio di costi rispetto alla canalizzazione presso il fiduciario. Al contrario la compagnia dell’ACI semina una propaganda presso i propri clienti e la collettività tutta finalizzata alla riduzione dei diritti del danneggiato solo con l’intento di ridurre perdite economiche dovute alla gestione “ministeriale” dell’azienda. Tale intento è peraltro lampante nel contenuto della lettera inviata recentemente dal presidente dell’ACI a Monti che suggerisce una fantasmagorica terapia d’urto per ridurre i costi della RC Auto. La prescrizione di 90 giorni per un sinistro stradale costituirebbe la base per la demolizione di uno stato di diritto, bloccare i risarcimenti saltando una valutazione clinica contrasta con il diritto ad ottenerlo, riproporre la canalizzazione forzata della riparazione è fuori dalle logiche di mercato, ridurre i diritti delle vittime della strada che hanno subito danni gravi o gravissimi serve solo a fare più utili. Infine, l’adeguamento agli standard europei per il danno morale da morte non tiene conto delle differenze e dei sistemi socio-sanitari di ogni paese europeo.
Comment by stefano mannacio — 7 June 2013 @ 15:02