20 July 2014
Multe, autovelox, responsabilità: secondo l’Anci, qualsiasi accadimento negativo per i Comuni è il male nel mondo
L’Associazione dei Comuni italiani (Anci) è una lobby sempre più forte. Il motivo? Semplice: le Province stanno morendo, e le Regioni si stanno sputtanando per i continui scandali di voracissimi politici che non si accontentano di stipendi munifici. L’opera di lobbying dell’Anci, legittima e anche encomiabile (ognuno al mondo fa il proprio lavoro nel migliore dei modi), si manifesta soprattutto in materia di sicurezza stradale. Quando il ministro dei Trasporti Lupi (e non un blogger come me) ha detto che gli autovelox finti nei box arancione e le multe per chi sfora sulle strisce blu sono illegittime, l’Anci ha iniziato a strillare come un’aquila. Risultato: tavolo con il ministro dei Trasporti e con quello dell’Interno. Chi ha vinto? L’Anci. I Comuni usano come e più di prima gli autovelox finti nei box arancione, e fanno le multe per chi sfora sulle strisce blu come e più di prima. Che poi il ministro stia sbagliando, questo è un altro conto.
C’è dal 2010 una norma che impone ai Comuni di devolvere il 50% degli incassi da autovelox posizionati su strade provinciali, regionali e statali ai proprietari delle strade. Così, i Comuni non fanno cassa e i soldi vengono utilizzati dai proprietari delle strade per migliorare l’asfalto. Ma quella norma necessita di un decreto interministeriale affinché diventi operativa. In oltre quattro anni, i ministeri, in tutt’altre e più importanti per la nazione faccende affaccendati, non hanno trovato il tempo per emanare il decreto. Vi siete mai chiesti il perché? Mai sentito parlare di lobby? Alla fine, i Comuni, in attesa del decreto, continuano a papparsi tutta la torta. Perché, dice l’Anci, manca il decreto. Già, non è passato minimamente per la testa di nessun Comune di spartire i proventi da autovelox, in attesa del decreto. Insistono a comportarsi come se quella norma non esistesse. Potrebbero muoversi in modo diverso: applicarla, per poi vedere il da farsi dal momento in cui arriva il decreto. E invece no: tutto paralizzato. Come nella repubblica delle banane. Come in Africa nera. Meglio non raccontare queste cose alla Merkel, perché se no ci piglia ancora di più a calci nel culo di quanto stia facendo adesso.
Adesso, il sindaco di Lecce Perrone è stato condannato per la morte di un automobilista (l’81enne avvocato Carlo De Pace) in un sottopassaggio allagato, a Lecce nel 2009, a causa di un acquazzone: dieci mesi per Perrone per omicidio colposo. Ossia dovuto a imprudenza, imperizia. Ha trascurato quel pericolo. Ci sarà pure qualche cristiano che paga per la morte di un cittadino in una strada pubblica. Ci sarà pure un qualche ente o una qualche persona responsabile dell’accaduto. No. Per l’Anci no. Sentite il commento di Fassino, presidente Anci: “Il rispetto per la magistratura e per le sue decisioni non può nascondere lo sconcerto, l’amarezza e il profondo disagio per una sentenza francamente incomprensibile. La responsabilità oggettiva di un sindaco non può condurre ad addebitargli automaticamente qualsiasi cosa accada in una città”. Ora sentiamo il vicepresidente Anci Cattaneo: “I sindaci sanno cosa vuol dire lavorare ogni giorno per le proprie comunità a viso aperto, senza mai sottrarsi alle proprie responsabilità, come sono sicuro abbia fatto fino a oggi anche il sindaco di Lecce Perrone. Per questo motivo, appare incomprensibile la decisione di addossare al primo cittadino una responsabilità tanto grave. Si rischia di creare un precedente pericoloso: i sindaci già da tempo denunciano la solitudine in cui sono costretti nel governo dei territori; se passa anche il concetto per cui ogni accadimento viene ricondotto solo alla responsabilità del primo cittadino, si rischia di dar luogo a un corto circuito istituzionale”.
Quindi: il Comune non è responsabile, il sindaco non è responsabile. Di grazia, chi diavolo è responsabile? Io invece allargherei il concetto. Qualsiasi evento negativo sulle disastrate strade dei Comuni italiani deve avere un responsabile civile e penale: il Comune deve pagare, sempre e comunque. Magari, solo così, si innescherebbe un circuito virtuoso: soldi usati con più intelligenza, strade migliori, meno incidenti, meno drammi familiari, meno spese per chi va in giro per la città, meno costi sociali. Occorre ragionare alla tedesca perché questo Paese esca dall’incubo della recessione.
A tale proposito, ho voluto sentire un re degli aspetti legali che riguardano la sicurezza stradale, Francesco D’Agata, dello Sportello dei diritti: “È una vicenda molto più complessa, come sovente accade, di quanto descritto dalla stampa. La morte dell’anziano avvocato è il più tragico epilogo di una serie di eventi che solo per puro caso non erano stati già fatali per i malcapitati transitanti nel sottopassaggio in questione. Il decesso dell’automobilista è un dramma annunciato. Ma la pubblica amministrazione responsabile, della quale l’attuale sindaco era già assessore ai Lavori pubblici e poi primo cittadino, non ha mosso un solo dito per mettere in effettiva sicurezza il punto incriminato. Quel sottopassaggio costituisce, fra l’altro, uno dei punti più trafficati del centro urbano, seppur perennemente a rischio allagamento. Quindi, a mio parere, la condanna ci sta tutta e dev’essere un esempio per tutti coloro che si trovano a capo di un ente e che sottovalutano pericoli e rischi certamente evitabili”.
di Ezio Notte @ 10:07
1 Comment
Categorie: Codice della strada, Incidenti, Interviste, Politici, Sicurezza, Viabilità
Tag: comuni, francesco d'agata
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Questa situazione è figlia purtroppo dell’eccessivo “localismo” inculcato per anni dai falsi profeti della politica celodurista a larghe fasce dell’elettorato italiano. Mettiamoci pure la tendenza italiota al furbettismo e il minestrone è fatto!!
Comment by roberto — 21 July 2014 @ 09:54